mercoledì 21 ottobre 2009

Piani di gestione


La direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, ha come obiettivo prioritario quello di istituire un quadro per l'azione comunitaria in materia di protezione delle acque, al fine in particolare di ridurre l'inquinamento, impedire un ulteriore deterioramento e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide sotto il profilo del fabbisogno idrico; promuovere e agevolare un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo e contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità.

A tal fine la direttiva stabilisce che entro 15 anni dalla sua entrata in vigore, nel 2015, sia raggiunto un buono stato ambientale per tutti i corpi idrici e individua il Piano di gestione come lo strumento conoscitivo, strategico e programmatico attraverso cui applicare i contenuti della medesima alla scala territoriale locale. In particolare la direttiva all'art. 13 prevede che “per ciascun distretto idrografico interamente compreso nel suo territorio, ogni Stato membro provvede a far predisporre un "piano di gestione”, il quale “comprende le informazioni riportate all'Allegato VII” della direttiva stessa. Tale Piano, pubblicato entro 9 anni dall'entrata in vigore della direttiva, può essere integrato “da programmi e piani di gestione più dettagliati per sottobacini, settori, problematiche o categorie di acque al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica”.

lunedì 27 luglio 2009

Dossier Fiumi Informa Marche 2009



Da gennaio scorso il 18% delle acque dei fiumi marchigiani è fuorilegge. Questa percentuale allarmante emerge dal 'Rapporto annuale sullo stato delle acque superficiali interne nelle Marche' di Arpam e Legambiente Marche presentato presso la Direzione generale Arpam di via Caduti del Lavoro ad Ancona. L'indagine, rientra nell'ambito di Fiumi Informa Marche 2009, la campagna per la qualità delle acque di Legambiente Marche
Il dato è stato evidenziato dalla rete di monitoraggi effettuati dall'Arpam sulle acque superficiali interne che comprende 60 stazioni di campionamento posizionate sui principali corsi d'acqua e 3 stazioni collocate sui laghi più rilevanti: quello di Gerosa, del Fiastrone e di Castreccioni. La normativa ha fissato entro il 31 dicembre 2008 la data limite per far rientrare ogni tratto nella classe 'sufficiente' ovvero “ambiente inquinato o comunque alterato” ed entro il 31 dicembre 2016 il tempo massimo per raggiungere o mantenere lo stato ambientale 'buono' e mantenere, ove già esistente, lo stato di qualità ambientale 'elevato'. Ma la situazione attuale (nessun corso d'acqua con giudizio elevato, 22 con giudizio buono, 28 con voto sufficiente, 9 scadente e 2 pessimo) sottolinea in pratica che al 1° gennaio 2009 11 stazioni di monitoraggio (18%) segnalano valori fuori norma. E se la situazione rimarrà invariata al 1° gennaio 2016 la percentuale salirà al 63,9% (39 stazioni)
Nel dossier Fiumi Informa Marche 2009 è presente anche (pag.8) un approfondimento sulla qualità delle acque nel territorio delle A.A.T.O Marche, acronimo di Autorità di Ambito Territoriale Ottimale, avendo questi Enti il compito statutario della tutela della risorsa e della gestione dei servizi idrici, la salvaguardia delle acque pubbliche per le generazioni future; il risparmio ed il rinnovo della risorsa nel rispetto del patrimonio idrico e dell'ambiente. Nella classifica dello stato ambientale dei 28 corsi d'acqua presi in esame, quelli con il giudizio migliore sono il Burano, Candigliano, Fiastra, Fiastrone, Fluvione, Nera,Sentino e Tennacola (classe media 2,0) mentre è il Tavollo (PU) a detenere in solitaria il primato del peggiore- (classe media 5,0).
E' possibile notare inoltre che sul consumo di acqua per uso domestico nella nostra regione per il 2007 c'è stato un abbassamento della media (167 litri al giorno rispetto ai 171 del 2006) sicuramente più consistente rispetto a quello nazionale (192 l/g nel 2007 rispetto ai 196 l/g del 2006). E' Pesaro il comune marchigiano che consuma più acqua (186 l/g), mentre Ascoli Piceno è quello che ne consuma di meno (146 l/g). Per quanto riguarda l'idoneità dei fiumi alla via dei pesci salmonicoli o ciprinicoli, 14 sono i comuni della regione Marche con corsi d'acqua non idonei alla vita dei pesci sono: (Aso) Montefiore dell'Aso, (Aso) Pedaso, (Conca) Sassofeltrio, (Ete Vivo) Fermo, (Foglia) Pesaro-Borga S.Maria, (Foglia) Pesaro-Ponte della ferrovia, (Nevola) Rosora, (Nevola) Senigallia, (Aspio) Numana, (Musone) Numana, Tavollo (Gabicce Mare), (Tenna) Fermo, (Tenna) Porto Sant'Elpidio, (Tesino) Grottammare.


"I dati ARPAM del monitoraggio dei fiumi marchigiani ci presentano una situazione delle nostre acque interne fortemente critica." ha dichiarato Leonello Negozi della segreteria di Legambiente Marche" Il 64% delle stazioni di campionamento rilevano una qualità che va da ambiente inquinato fino a fortemente inquinato e circa una stazione su quattro risulta non idonea alla vita dei pesci. A fronte di questa situazione il Piano di Tutela delle Acque che la Giunta Regionale ha trasmesso nello scorso dicembre al Consiglio Regionale, oltre a procedere lentamente, non è sufficientemente risolutivo per porre rimedio a questa situazione di degrado nel breve periodo come richiesto dalla normativa europea. Pensare di ritornare a fare il bagno nelle nostre acque dolci appare un sogno irrealizzabile"

lunedì 16 febbraio 2009

Competenza dello Stato l'introduzione ed il ripopolamento di specie animali non indigene


L’introduzione, la reintroduzione e il ripopolamento di specie animali rientrano nelle competenze esclusive dello Stato in materia di ambiente. Non spetta alla Regione stabilire che le specie ittiche carpa (Cyprinus carpio), pesce gatto (Ictalurus melas), trota iridea (Oncorhynchus mykiss) e lavarello (Coregonus lavaretus) siano da considerare “specie para-autoctone”.

Le regioni, infatti, non possono derogare ai disposti statali in tema ambientale tranne nel caso in cui prevedano limiti più restrittivi ai fini di una maggior tutela.

L’introduzione in un habitat di specie animali non indigene - fra l’altro ai fini di pesca sportiva e professionale - non corrisponde affatto a una tutela maggiore dell’ecosistema. Al contrario, può provocare danni. E’ di nuovo la Corte Costituzionale che si pronuncia in tema di competenze ambientali di Stato e regioni: con sentenza di questo mese la Corte dà ragione allo Stato e torto alla Regione Veneto. La vicenda ha inizio quando la Regione qualifica le quattro specie ittiche come specie para-autoctone e le equipara a quelle autoctone. E quindi autorizza i piani provinciali a prevederne l’immissione, ai fini di pesca sportiva e professionale e con le necessarie cautele, nelle acque di competenza regionale. Ma l’equiparazione delle specie ittiche notoriamente alloctone della carpa, del pesce gatto, della trota iridea e del lavarello a quelle autoctone, non rientra nelle competenze regionali.

Fra l’altro la direttiva europea relativa alla conservazione di habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche impegna proprio gli Stati membri a regolamentare ed eventualmente vietare le introduzioni di specie alloctone che possano arrecare pregiudizio alla conservazione degli habitat o delle specie autoctone. Dunque la disciplina dell’introduzione, della reintroduzione e del ripopolamento di specie animali rientra nell’esclusiva competenza statale “trattandosi di regole di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e non solo di discipline d’uso della risorsa ambientale-faunistica.”